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| - Secondo i dati Ocse più aggiornati, nel 2019 in Italia c’erano oltre 222 mila ricercatori
, statistica confermata
anche dalle rilevazioni più aggiornate dell’Istat. Con il termine “ricercatori” qui si fa riferimento
a «scienziati, ingegneri e specialisti delle varie discipline scientifiche impegnati nell’ideazione e nella creazione di nuove conoscenze, prodotti e processi, metodi e sistemi, inclusi anche i manager e gli amministratori responsabili della pianificazione o direzione di un progetto di ricerca».
Questa categoria è dunque piuttosto ampia, ma ben rappresenta l’insieme generico di «innovatori» e «ricercatori» citato da Cingolani in tv.
Come correttamente sottolineato dal ministro, l’Italia ha numeri più bassi rispetto a Paesi simili al nostro. Prendiamo per esempio la Francia e il Regno Unito. Secondo l’Ocse, nel 2019 la Francia aveva
poco più di 11 ricercatori ogni mille occupati (la statistica usata per fare confronti tra Paesi diversi), il Regno Unito 9,9 e l’Italia 6,3. I dati francesi e britannici superano quelli italiani rispettivamente del 40 e del 35 per cento.
Anche Spagna e Germania – gli altri due grandi Paesi europei – hanno dati più alti
del nostro Paese, se consideriamo la percentuale sugli occupati. Nel 2019 la Germania aveva 9,7 ricercatori ogni mille occupati (circa il 36 per cento in più dell’Italia), mentre la Spagna 7,1 (circa l’11 per cento in più). La media delle distanze con i quattro grandi Paesi europei coincide con un 30 per cento circa, la percentuale citata da Cingolani.
Una percentuale simile corrisponde
anche alla distanza con la media dell’Unione europea, che nel 2019 era pari a 8,8 ricercatori ogni mille occupati.
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