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  • Il 19 giugno 2021 la pagina Facebook del sito Database Italia ha condiviso un articolo, pubblicato sempre su Database Italia, intitolato “Mascherine a scuola, il risultato dei test di laboratorio dopo 5 ore di utilizzo”. Nell’articolo viene riportato un comunicato stampa pubblicato il 18 giugno 2021 dal sito Rational Ground secondo cui un gruppo di genitori della Florida (Stati Uniti) avrebbe fatto analizzare delle mascherine indossate per 5-8 ore dai propri bambini (più una indossata da un adulto), trovando numerose specie di batteri patogeni. Si tratta di un’informazione fuorviante che deriva da dati dubbi. Andiamo con ordine. Innanzitutto, l’analisi biochimica presentata non è stata pubblicata come studio su nessuna rivista accademica né su nessun archivio di preprint: i metodi e i risultati sono invece presentati in brevi file pdf, senza includere però i dati concreti su cui è stata basata l’identificazione dei batteri. I risultati riportati sono difficili da prendere sul serio: tra i microrganismi identificati dall’analisi infatti ci sarebbero anche specie che vivono nelle acque dei mari come Prochlorococcus marinus o addirittura nelle profondità marine come Alteromonas mediterranea o Shewanella piezotolerans (quest’ultimo si trova solo negli abissi dell’oceano Pacifico); oppure batteri che vivono esclusivamente all’interno di insetti, come Sulcia muelleri. Al di là della bontà dell’analisi, praticamente tutti i microrganismi trovati sulle mascherine e indicati come pericolosi dal comunicato stampa sono in realtà microrganismi comuni nell’ambiente e/o nel corpo umano. Nell’ordine in cui sono presentati dal comunicato stampa e dall’articolo di Database Italia: Streptococcus pneumoniae è parte della comune flora batterica del naso e della faringe. Mycobacterium tuberculosis si può trovare nell’ambiente. Acanthamoeba polyphaga è una specie comune in numerosissimi contesti, dal suolo all’acqua e perfino nell’aria, nonché nelle cavità nasali e faringee umane. Neisseria meningitidis è parte della comune flora batterica del naso e della faringe nel 10 per cento della popolazione. Acinetobacter baumannii è raro sulla pelle ma si ritrova facilmente su cibi come verdure crude, frutta, latte e latticini, oltre che su apparecchiature mediche, umidificatori e lavandini. Escherichia coli è un batterio estremamente comune del tratto gastrointestinale e parte della normale flora batterica. Legionella pneumophila si trova nel suolo, incluso quello dei giardini. Staphylococcus pyogenes è parte della flora batterica delle vie respiratorie nel 5-15 per cento delle persone. Staphylococcus aureus è parte della normale flora batterica umana. Restano esclusi i batteri patogeni Corynebacterium diphteriae e Borrelia burgdorferi. Di questi, il primo è parte di un ampio genere di batteri i cui altri rappresentanti si possono trovare nel suolo, nelle piante, sulla pelle umana; mentre C.diphteriae, sebbene principalmente noto solo come patogeno, può sopravvivere nella polvere fino a sei mesi. Borrelia burgdorferi invece non può sopravvivere come organismo libero, e deve vivere dentro un ospite (un mammifero o una zecca); la sua identificazione quindi è sospetta quanto quelle dei batteri oceanici o degli insetti elencati sopra. In ogni caso che le mascherine possano contenere batteri dopo l’uso prolungato è noto (e infatti andrebbero cambiate almeno ogni giorno) ma non ci sono prove, come hanno verificato i nostri colleghi fact-checker di Reuters e di FullFact, che indossare la mascherina possa causare infezioni polmonari di alcun tipo. In conclusione, i risultati dell’analisi – non pubblicati su alcuna rivista o database accademico, sono poco credibili in quanto trovano anche, oltre a numerosi microrganismi che sono normale parte della flora batterica dell’ambiente o del corpo umano, anche specie microbiche che non possono essere presenti su una mascherina dopo il suo normale utilizzo, come batteri degli abissi marini o che vivono all’interno di insetti o altri organismi. Non è certo impossibile che le mascherine possano accumulare batteri, specie dopo ore di utilizzo da parte di bambini, ma al momento non c’è nessuna evidenza che il loro uso causi infezioni o altri problemi di salute.
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