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| - In un post su Twitter del 17 febbraio 2020, la deputata Beatrice Lorenzin ha commentato alcuni dati sull’andamento dell’economia in Giappone, collegandoli all’aumento dell’Iva disposto di recente nel Paese asiatico, e rivendicando il risultato del governo Conte II di aver evitato una situazione del genere in Italia.
Abbiamo verificato se i dati che la deputata del Partito Democratico cita siano corretti e se questo rapporto causa-effetto tra Iva e calo del Pil sia credibile.
L’Iva nel mondo e in Giappone
L’Iva (Imposta sul Valore Aggiunto) esiste ormai in oltre centosessanta Paesi del mondo, tra cui tutti quelli dell’Unione europea. All’estero è chiamata di solito Vat (Value Added Tax) o Gst (Goods and Services Tax), mentre in Giappone è nota semplicemente come “tassa sui consumi” (shōhizei). Il nome può cambiare, ma in tutti i casi stiamo parlando dello stesso tipo di tassazione indiretta.
In Giappone, la tassa sui consumi è stata introdotta nel 1989, con un’aliquota standard del 3 per cento. Da allora, è stata aumentata al 5 per cento nel 1997 e successivamente all’8 per cento nel 2014, restando comunque tra le aliquote più basse al mondo (in Italia ad esempio è al 22 per cento). Di recente, come abbiamo scritto anche in una nostra precedente analisi e come correttamente riporta Beatrice Lorenzin, l’aliquota è stata portata dall’8 al 10 per cento.
Il Pil giapponese nell’ultimo trimestre del 2019
Lorenzin cita quattro dati relativi ad altrettanti indicatori macroeconomici, che possiamo verificare sul sito ufficiale del governo giapponese, disponibile anche in inglese, nella sezione dedicata ai conti nazionali. Il documento che ci interessa è quello coi dati trimestrali del Pil relativi all’ultimo trimestre del 2019, pubblicato il 17 febbraio 2020.
In base a questo, risulta in effetti che nel quarto trimestre del 2019 il Pil è calato del 6,3 per cento, le esportazioni dello 0,4 per cento e la domanda interna dell’11,1 per cento. Lorenzin è però imprecisa nel parlare di “spesa in conto capitale”. Guardando ai dati ufficiali possiamo dire che, citando un -14,1 per cento, Lorenzin intendesse probabilmente fare riferimento agli “investimenti produttivi privati” (private non residential investment), che hanno in effetti visto una forte diminuzione nell’ultimo trimestre. La “spesa in conto capitale” è invece la somma di tutte le spese destinate a investimenti e opere pubbliche.
Per il resto, i numeri di Lorenzin sono essenzialmente corretti. Gli indicatori del Pil in discussione hanno visto tutti un peggioramento – più o meno accentuato – rispetto al periodo tra luglio e settembre, e questo calo si è verificato in effetti in corrispondenza dell’aumento dell’Iva di ottobre 2019.
Gli effetti dei rincari precedenti
Questi dati sono davvero l’effetto dell’aumento dell’Iva? Il fatto che due eventi siano avvenuti uno dopo l’altro non significa necessariamente che ci sia un nesso di causa/effetto. Per una prima verifica abbiamo quindi controllato sui dati ufficiali del governo giapponese, le cui serie storiche partono dal 1994, se l’economia giapponese abbia subito simili battute d’arresto in corrispondenza degli aumenti dell’Iva avvenuti in passato nel 1997 e nel 2014.
I due grafici seguenti mostrano le variazioni trimestrali degli stessi indicatori citati da Lorenzin per il 1997 e per il 2014. In entrambi gli anni, l’aumento dell’IVA è stato introdotto ad aprile, il che significa che dobbiamo guardare ai dati del secondo trimestre (Q2).
Abbiamo verificato se i dati che la deputata del Partito Democratico cita siano corretti e se questo rapporto causa-effetto tra Iva e calo del Pil sia credibile.
L’Iva nel mondo e in Giappone
L’Iva (Imposta sul Valore Aggiunto) esiste ormai in oltre centosessanta Paesi del mondo, tra cui tutti quelli dell’Unione europea. All’estero è chiamata di solito Vat (Value Added Tax) o Gst (Goods and Services Tax), mentre in Giappone è nota semplicemente come “tassa sui consumi” (shōhizei). Il nome può cambiare, ma in tutti i casi stiamo parlando dello stesso tipo di tassazione indiretta.
In Giappone, la tassa sui consumi è stata introdotta nel 1989, con un’aliquota standard del 3 per cento. Da allora, è stata aumentata al 5 per cento nel 1997 e successivamente all’8 per cento nel 2014, restando comunque tra le aliquote più basse al mondo (in Italia ad esempio è al 22 per cento). Di recente, come abbiamo scritto anche in una nostra precedente analisi e come correttamente riporta Beatrice Lorenzin, l’aliquota è stata portata dall’8 al 10 per cento.
Il Pil giapponese nell’ultimo trimestre del 2019
Lorenzin cita quattro dati relativi ad altrettanti indicatori macroeconomici, che possiamo verificare sul sito ufficiale del governo giapponese, disponibile anche in inglese, nella sezione dedicata ai conti nazionali. Il documento che ci interessa è quello coi dati trimestrali del Pil relativi all’ultimo trimestre del 2019, pubblicato il 17 febbraio 2020.
In base a questo, risulta in effetti che nel quarto trimestre del 2019 il Pil è calato del 6,3 per cento, le esportazioni dello 0,4 per cento e la domanda interna dell’11,1 per cento. Lorenzin è però imprecisa nel parlare di “spesa in conto capitale”. Guardando ai dati ufficiali possiamo dire che, citando un -14,1 per cento, Lorenzin intendesse probabilmente fare riferimento agli “investimenti produttivi privati” (private non residential investment), che hanno in effetti visto una forte diminuzione nell’ultimo trimestre. La “spesa in conto capitale” è invece la somma di tutte le spese destinate a investimenti e opere pubbliche.
Per il resto, i numeri di Lorenzin sono essenzialmente corretti. Gli indicatori del Pil in discussione hanno visto tutti un peggioramento – più o meno accentuato – rispetto al periodo tra luglio e settembre, e questo calo si è verificato in effetti in corrispondenza dell’aumento dell’Iva di ottobre 2019.
Gli effetti dei rincari precedenti
Questi dati sono davvero l’effetto dell’aumento dell’Iva? Il fatto che due eventi siano avvenuti uno dopo l’altro non significa necessariamente che ci sia un nesso di causa/effetto. Per una prima verifica abbiamo quindi controllato sui dati ufficiali del governo giapponese, le cui serie storiche partono dal 1994, se l’economia giapponese abbia subito simili battute d’arresto in corrispondenza degli aumenti dell’Iva avvenuti in passato nel 1997 e nel 2014.
I due grafici seguenti mostrano le variazioni trimestrali degli stessi indicatori citati da Lorenzin per il 1997 e per il 2014. In entrambi gli anni, l’aumento dell’IVA è stato introdotto ad aprile, il che significa che dobbiamo guardare ai dati del secondo trimestre (Q2).
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