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  • Giorgia Meloni ha scritto sul suo profilo Facebook che “un decreto del Ministero della Salute raddoppia – da 3,87 a 7,50 euro – il sovrapprezzo applicato di notte sui medicinali dalle farmacie di turno”. La leader di Fratelli d’Italia si dice fortemente critica nei confronti del decreto perché sostiene che debba essere “il sistema sanitario nazionale, e non i cittadini, a farsi carico del costo del servizio di guardia farmaceutica”. Cerchiamo di capire se Meloni abbia ragione. Il decreto del Ministero Meloni si riferisce a un decreto ministeriale del 22 settembre 2017, pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 25 ottobre e in vigore dal 9 novembre, dedicato all’“Aggiornamento della tariffa nazionale per la vendita al pubblico dei medicinali”, nel quale vengono aggiornate diverse tariffazioni, tra le quali quelle per il servizio notturno. Una riforma del servizio di guardia farmaceutica era stata richiesta da Federfarma già nell’aprile 2016 e, anche se il decreto non può essere considerato una vera e propria riforma del servizio, ha comunque ottenuto il consenso di Fofi (Federazione ordini farmacisti italiani) e della stessa Federfarma, che si sono concentrati in particolare sull’aggiornamento della tariffazione delle preparazioni galeniche, ossia di quei medicinali preparati direttamente dal farmacista. In particolare, l’articolo 9 determina che “per la dispensazione di uno o più dei medicinali […] effettuata durante le ore notturne, dopo la chiusura serale, secondo gli orari stabiliti dalla competente autorità sanitaria, spetta un diritto addizionale di € 7,50 alle farmacie urbane e rurali non sussidiate e di € 10,00 alle farmacie rurali sussidiate”. Il servizio di guardia farmaceutica è in realtà regolato nei suoi parametri da normative regionali che possono differire da Regione a Regione, ma per legge il servizio notturno ha lo stesso costo su tutto il territorio nazionale: questa cifra era ferma sin dal 1993, quando era stata fissata dall’articolo 8 di un decreto del Ministero della sanità a 7.500 lire per le farmacie cittadine (ossia 3,87 euro al cambio di 1936,27 lire) e 9.500 lire (4,71 euro) per le farmacie rurali. Meloni pare quindi avere ragione nel sostenere che “il sovrapprezzo applicato di notte sui medicinali dalle farmacie di turno” sia raddoppiato. Anche se è vero che da 24 anni la cifra era rimasta invariata e Federfarma da tempo chiedeva un adeguamento che avrebbe dovuto essere effettuato ogni due anni. C’è però una precisazione da fare su quanto detto da Meloni, che riporta cifre corrette, ma non precisa cosa i cittadini debbano effettivamente pagare. Non paga sempre il cittadino A quanto si capisce dalle parole della leader di Fratelli d’Italia, ogni medicinale è soggetto al sovrapprezzo di 7,5 euro in caso di servizio notturno (10 euro per le farmacie rurali). Innanzitutto bisogna sottolineare che, come specifica il decreto, il pagamento aggiuntivo è relativo alla “dispensazione di uno o più medicinali” e di conseguenza il sovrapprezzo sia unico su tutto lo scontrino e non vada applicato a ogni prodotto o farmaco acquistato. Va inoltre fatta un’importante distinzione su chi debba essere l’autore del pagamento. Infatti per effetto di un decreto del 1998 questo sovrapprezzo deve essere pagato dal Servizio sanitario nazionale in due casi. Nel decreto si legge che “verrà corrisposto l’importo indicato dalla vigente tariffa nazionale per la vendita al pubblico dei medicinali, a condizione che sulla ricetta risulti precisato – da parte del medico – il carattere di urgenza della prescrizione”. Inoltre nel decreto si aggiunge che “per le prescrizioni rilasciate dai medici addetti ai servizi di guardia medica […] non occorre l’indicazione del carattere di urgenza della prescrizione stessa”. Si tratta di fatto di due eccezioni che tutelano i cittadini: il pagamento del sovrapprezzo spetta all’acquirente solo qualora non si tratti di un medicinale da assumere con urgenza, mentre dovrà farsene carico lo Stato qualora il farmaco sia necessario con urgenza, e questa sia stata stabilita da un medico, o il proprio o quello di una guardia medica o di un pronto soccorso. È bene ricordare che si tratta di una regola non introdotta dal nuovo decreto, ma esistente già da due decenni. Inoltre le normative sui farmaci erogabili con sovrapprezzo possono variare da Regione a Regione sulla base delle competenze regionali in tema di sanità. Per esempio, in molte Regioni i farmacisti possono valutare personalmente casi di urgenza per erogare un farmaco da banco come la Tachipirina, utile per abbassare la febbre e per il quale non è necessaria la ricetta di un medico. Quando invece il medicinale – o un altro prodotto da farmacia – non sia urgente, e dunque potrebbe essere acquistato dal cliente anche in orario diurno, il sovrapprezzo spetta al cittadino. Il verdetto Meloni parte da una dichiarazione vera, relativa al raddoppio del sovrapprezzo per il servizio di guardia farmaceutica notturna, omettendo però informazioni e precisazioni importanti con il conseguente rischio di sviare sensibilmente l’opinione del lettore su un tema rilevante: quello della copertura del Sistema sanitario nazionale. Innanzitutto, aggiunge anzi che dovrebbe essere “il sistema sanitario nazionale, e non i cittadini, a farsi carico del costo del servizio di guardia farmaceutica”, facendo intendere che il sovrapprezzo spetti quindi proprio ai cittadini. Questa affermazione porta a pensare che sia sempre il cittadino a dover pagare il sovrapprezzo di 7,5 euro, mentre è vero che a fronte di una ricetta del medico o della guardia medica con carattere di urgenza accada l’esatto contrario, e cioè che quella cifra sia a carico dello Stato e del Sistema sanitario nazionale. Inoltre va sottolineato come la norma che stabilisce che negli altri casi, qualora cioè si debba comprare un farmaco non urgente, il sovrapprezzo spetti al cittadino sia di molto precedente al decreto di quest’anno. In ultimo, non va dimenticato che il sovrapprezzo era fermo a 3,87 euro dal 1993 e non aveva subito alcun adeguamento negli ultimi 24 anni, nonostante le richieste di Federfarma e Fofi. Si può dunque capire come mai, nel momento in cui sia stato varato l’adeguamento, questo sia stato tanto consistente da raddoppiare la cifra precedente: è vero che da un giorno all’altro il sovrapprezzo sarà doppio, ma è anche vero che è stato fermo per 24 anni. Per Meloni, che era partita da un’affermazione vera per poi passare a una valutazione errata, il giudizio deve quindi essere un “nì”. «Secondo i sondaggi, più della metà della popolazione è favorevole [al nucleare]» 9 febbraio 2025 Fonte: Corriere della Sera
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