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  • Giovedì 13 agosto 2020 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un post pubblicato il 12 agosto su Facebook. Il post oggetto di verifica contiene due immagini affiancate, che mostrano una bambola nera incinta, accanto a un paio di forbici, una moneta e al bambolotto di un neonato. Il tutto è posto all’interno di una confezione sulla cui scatola si legge «Abortion Barbie. NYC’s black genocide». Il post è corredato da una didascalia che recita: «Siamo veramente arrivati alla pazzia. L’aborto e il gioco», suggerendo dunque che si tratti di una reale linea di bambole dedicate al tema dell’aborto. Si tratta di una notizia falsa. Come spiegato in questo video pubblicato su Instagram il 13 luglio 2019 da un utente, Abortion Barbie – NYC’s black genocide è una creazione di un attivista anti-abortista rimasto anonimo. «Il 50% dei neonati neri concepiti a New York vengono abortiti» racconta l’attivista nel video, «Ecco perché ho realizzato questa linea e queste prime due bambole». La forbice contenuta nella confezione è dunque un riferimento simbolico all’aborto, mentre dal video scopriamo che le monete – che nelle due scatole sono rivolte in modo tale da mostrare rispettivamente la faccia considerata «testa» e quella considerata «croce» – rappresentano le presunte probabilità che un bambino afroamericano venga al mondo senza essere abortito. L’idea di Abortion Barbie è comparsa per la prima volta nel 2014 in Texas, come parte di una campagna politica contro Wendy Davies, al tempo candidata governatrice dello stato e piuttosto nota per le sue battaglie contro le restrittive leggi sull’aborto in Texas. Anche in quel caso i suoi detrattori realizzarono una bambola incinta, servendosi dello stesso logo di Barbie, e anche in quel caso la creazione circolò sui social priva di contesto e descritta come un’operazione commerciale per «insegnare l’aborto alle bambine» Non si tratta dunque di «un gioco», come riportato nel post oggetto di verifica, ma di una campagna anti-abortista che nulla ha a che fare con la Mattel (proprietaria del marchio Barbie) e attualmente non disponibile in commercio.
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